Ti senti incapace, intrappolata in una realtà in cui tutto è irrimediabilmente nero, la tua esistenza è una catastrofe. Ti senti sola e incompresa… Poi un giorno scopri di avere l’ansia patologica e la depressione, che diventano le tue compagne di vita.

Cos’è l’ansia?
L’ansia fisiologica si prova quando ci troviamo di fronte una minaccia reale o figurativa. E’ caratterizzata dall’aumento di attenzione il cui obiettivo è quello di prepararci ad affrontare il pericolo percepito, adattandoci alla situazione. L’ansia patologica invece, è disfunzionale: disturba cioè il funzionamento psichico, limitando la capacità di adattamento. Può non essere riconducibile ad un evento in se. L’individuo che ha un disturbo d’ansia sovraccarica il pericolo e al contempo sottostima le sue capacità. Anche se l’ansia è data da una non razionalità, la cosa più sbagliata che si possa pensare è che essa si manifesti esclusivamente a livello emotivo con nervosismo, alterazione della memoria e della concentrazione, timore e forte preoccupazione. Ha infatti dei sintomi fisici: sudorazione eccessiva, sensazione di soffocamento, tremori, tachicardia, vertigini e capogiri, vampate di calore, dolori al petto, nausee, mal di stomaco e disturbi gastroenterici, bisogno frequente di urinare.
Cos’è la depressione?
La depressione è la malattia psichiatrica più frequente, consiste in una variazione significativa dell’umore. I suoi sintomi sono: insoddisfazione e tristezza, diminuzione di interesse e piacere verso tutte le attività, significativa perdita o aumento di peso, insonnia o ipersonnia, mancanza di energia, sensi di colpa, diminuzione della concentrazione e difficoltà a prendere decisioni, nei casi più gravi pensieri o tentativi di suicidio. Questi sintomi causano un disagio clinico e disfunzioni nell’ambito lavorativo e sociale.
Ma cosa prova davvero chi soffre di ansia? Come vede la vita intorno a sé chi è affetto da depressione? L’ho chiesto a Simona*, ha 24 anni e da circa 12 ansia e depressione sono diventate le sue compagne di vita.
Simona è agitata, ne osservo le mani tremanti mentre fuma la sua sigaretta. Mi siedo difronte a lei, sembra sentirsi a disagio, è ansiosa. La tranquillizzo e lei inizia il suo racconto…
“La prima volta che mi fu diagnosticata l’ansia patologica da un professionista avevo 15 anni, era l’inizio del liceo. Ma in realtà so di soffrirne da quando ne avevo 12, semplicemente ai tempi, non ero in grado di darle un nome. Ho sempre accusato sintomi come gastrite, mal di testa, mal di stomaco, disturbi gastroenterici e dolori muscolari dati dalla contrazione involontaria del mio corpo” mi dice.
Quale credi sia stata la causa scatenante dei tuoi disturbi?
“La mia infanzia e la mia adolescenza sono state molto complicate, l’ambiente intorno a me non era per nulla sereno e io iniziai a non stimarmi più, mi sentivo incapace e sola.”
Quali sono gli eventi che attivano in te stati di ansia?
“Soffro di ansia da prestazione, di qualsiasi tipo di prestazione si parli. Anche fare qualcosa per la prima volta, dai i buchi alle orecchie al guidare l’auto in una strada diversa dal solito, mi fa sentire a disagio.”
Come affronti le crisi di panico?
“Mi fermo un attimo, cerco di analizzare davvero il momento, di tornare in me. Nei momenti più duri sono arrivata a prendermi a schiaffi in faccia. Anche praticare sport o uscire a fare una passeggiata può aiutare, è come se avessi tanta energia dentro di me e ho bisogno di stancarmi fisicamente.”
Come influisce sulla tua vita quotidiana?
“Limita tanto la mia vita, spesso evito una situazione o la rimando perché ho paura di non poterla gestire. E’ come se il mio cervello fosse la mia trappola. Mi pongo tante domande: Posso farlo? E se non fossi capace? Quello che paralizza me è per gli altri una situazione neutra, se non eccitante.”
E sulla sfera sociale?
“Una volta davo molto peso a ciò che gli altri pensavano di me, non sopportavo di essere fraintesa, volevo essere accettata ad ogni costo. Avendo problemi di autostima cercavo in altri la sicurezza che non trovavo in me. Quando non mi sentivo compresa mi chiudevo in me stessa. Durante l’adolescenza tanti mi prendevano per pazza, non comprendevano i mie atteggiamenti o il mio modo di vedere la realtà. Oggi non mi preoccupa più il giudizio degli altri, vivo i rapporti sociali con più tranquillità.”
Come sappiamo, quella in cui viviamo oggi è una società frenetica, siamo sempre in movimento, sempre più veloci e più connessi. Si pretende il massimo, soprattutto dai giovani. Quanto la nostra società può condizionare i soggetti che soffrono di ansia?
“L’ambiente che ci circonda influisce molto sulla nostra persona, perfino sugli stati d’animo. La struttura della nostra società è più complessa di quella dei nostri genitori e dei nostri nonni. Siamo sempre connessi, a portata di mano. Tutto è così veloce che spesso hai paura di non riuscire a stare al passo. Veniamo letteralmente bombardati da stimoli e informazioni di qualsiasi tipo, da qualsiasi parte del mondo. Le notizie vengono riportate non più solo dai giornali ma se ne parlerà dappertutto. Prendiamo il caso del Coronavirus: tutti ne parlano, ci sono così tante informazioni da non riuscire a distinguere le notizie ufficiali dalle fakenews, un soggetto con l’ansia patologica credetemi, vivrà male l’esposizione a così tante informazioni, la sensazione è di sentirsi schiacciare. Per non parlare poi dell’immagine che si pubblicizza oggi della donna perfetta, quasi di plastica: nelle ragazze più insicure certi confronti costanti potrebbero creare seri problemi di autostima.”
Cosa vuol dire soffrire di depressione?
“Vuol dire essere intrappolata in una realtà in cui tutto è irrimediabilmente nero, la tua esistenza è una catastrofe. Ti senti sola e incompresa. Ricordo di momenti in cui desideravo morire, ci ho anche provato. Fortunatamente posso dire ad oggi di non soffrirne più.”
Credi ci sia un legame tra l’ansia patologica e la depressione? Cosa hanno in comune?
“Sia l’ansia patologica che la depressione possono essere scatenate dallo stesso problema: non sei soddisfatto della tua vita, non hai più fiducia in te stesso. Il modo di approcciarsi alla vita in entrambe le patologie è un approccio catastrofico, non adattivo alla situazione. Chi è depresso spesso soffre di ansia, ma chi soffre di ansia può non avere depressione.”
Hai detto di aver desiderato di morire, di averci anche provato. Ti va di parlare di quel periodo?
“Fu il periodo più nero della mia vita. Provai a tagliarmi le vene, vidi dei tutorial su internet. Come fanno ad esistere tutorial del genere oggi mi chiedo? Dovrebbero essere denunciati! Fortunatamente però io non mi incisi in modo mortale, ma ai tempi avevo una cara amica, viveva in Inghilterra. Anche per lei non era un periodo facile, anche lei soffriva di depressione. Un giorno mi arrivò una chiamata, si era suicidata. Fu straziante. Non si può morire così. A distanza di anni ho ancora i segni sulle braccia. Saranno per sempre visibili, un promemoria. E lei mi manca tanto.”
Quale è stato il momento in cui hai compreso di aver effettivamente dei problemi?
“Era da poco morta la mia amica, un giorno mi guardai allo specchio, era da tempo ormai che avevo perso l’appetito, ero dimagrita significativamente. Ebbi un attacco di panico. Non era semplice stress. Capì che avevo perso completamente il controllo della mia vita, del mio corpo. Dovevo rimettermi in sesto. Avevo un problema e avevo bisogno d’aiuto. Andai da un professionista e quel giorno scoprii che soffrivo di ansia patologica, depressione ed ero anoressica.”
Quanto parlane con un amico o un familiare può aiutare? Quando pensi sia il momento giusto di andare da uno specialista?
“Bisogna parlarne, la cosa più sbagliata da fare è chiudersi in se stessi. Il dialogo è fondamentale. Io non ho avuto un familiare o un amico con cui poter parlare apertamente quando ne avevo bisogno. Ho tentato e ritentato finché non ho trovato qualcuno che potesse capirmi. La prima volta che mi sentii compresa fu parlando con una sconosciuta in un bar, successivamente con il mio psichiatra. Il momento giusto per rivolgersi a uno specialista è quando si è presa coscienza della propria situazione e si è pronti ad ascoltare ed ascoltarsi. Anche con un professionista però è importante che ci sia un rapporto di fiducia, se non ci sembra la persona giusta per noi si può sempre andare da qualcun altro.”
Com’è Simona oggi?
“La Simona di oggi ha fatto tanti progressi, ma ha ancora da lavorare. Sto imparando ad amarmi. Nella mia mente c’è una lotta tra chi sono e chi vorrei essere. Ho superato tanto nel corso della mia vita, per avere solo 24 anni. Sono ancora una persona ansiosa, ma non depressa. Oggi ho accanto persone di cui mi fido, non mi sento più sola ed incompresa. Vado ancora dallo psicologo. Certi ricordi della mia adolescenza, certe emozioni rimarranno sempre dentro di me. Io credo che rimanga una traccia indelebile di ciò che siamo stati in passato, ma cambia il modo in cui essa influisce sulla nostra quotidianità.”
Nonostante oggi la nostra società venga descritta come progressista ed aperta sono molti i pregiudizi ancora restii a morire: come l’idea che lo psicologo, il terapista o lo psichiatra siano strizzacervelli che curano pazzi. L’ansia patologica, la depressione o altri sono disturbi che vanno seguiti da uno specialista, nello stesso semplice modo in cui quando abbiamo mal di schiena ci rivolgiamo ad un ortopedico.
La depressione non è una vergogna. Capire se stessi, riuscire ad ascoltarsi dentro, è più complicato di quanto si pensi. Riconoscere di avere un problema e cercare aiuto non è una debolezza, è una forza. Sii l’eroe di te stesso, non sprecare tempo. Il mondo può essere un luogo meraviglioso, basta avere il coraggio di cambiare prospettiva.
*Simona nome casuale in rispetto della privacy.
Bellissima testimonianza purtroppo ancora oggi ansia e depressione sono considerate delle patologie da trattare con i farmaci come fossero un mal di testa, pochi si rendono conto che sono la conseguenza di un malessere più profondo che se non capito trascina chi ne soffre verso una solitudine senza ritorno. Un cane che si morde la coda al quale a volte basterebbe la parola giusta detta al momento giusto o un’abbraccio di conforto.